Sei al campo di tiro, arco in mano, freccia nell'arco... rilasci... e sbagli di nuovo il centro. Ancora. Frustrazione che sale, dubbi che ti assalgono: “Perché non riesco mai a fare bene?”
Quando ho iniziato a tirare con l'arco, pensavo che bastasse tirare più frecce possibile per migliorare. La verità? Tirare senza metodo significa solo ripetere gli stessi errori e aumentare la frustrazione invece di perfezionare il tiro.
Qui entra in gioco il concetto fondamentale: allenarsi non significa solo tirare frecce, ma allenarsi con un obiettivo chiaro e preciso. Non serve pensare a "voglio vincere la gara": serve sapere esattamente cosa migliorare nel tuo gesto, perché chi centra il bersaglio sa che la vittoria arriva dall'esecuzione corretta, non dall'ossessione del risultato.
Non pensare alla vittoria, ma agire con precisione
Negli anni '70, la nazionale di calcio rumena, guidata dall'allenatore Angelo Niculescu, era nota per il suo gioco difensivo e per la difficoltà nel segnare gol. Invece di concentrarsi esclusivamente sull'obiettivo di vincere, Niculescu introdusse una strategia innovativa: il "temporizare", che prevedeva un possesso palla prolungato nella propria metà campo, utilizzando brevi passaggi per disorientare gli avversari. Questo approccio, considerato una forma primitiva del moderno "tiki-taka", portò la Romania a qualificarsi per i Mondiali dopo oltre 30 anni e a ottenere una vittoria significativa contro la Cecoslovacchia .
Perché ha funzionato? Perché, invece di focalizzarsi su un obiettivo astratto come "vincere", la squadra si concentrò su azioni concrete e misurabili che miglioravano il gioco collettivo. Ogni passaggio, ogni movimento aveva uno scopo preciso, creando una base solida per il successo.
Nel tiro con l'arco è lo stesso: non basta pensare a "voglio vincere la gara". Serve concentrarsi su aspetti specifici e tecnici, come "adesso porto il gomito lì" o "spingo con la scapola". Questi gesti concreti e misurabili sono la chiave per migliorare davvero.
Allenamento efficace: acquisire il gesto giusto
Ora che sappiamo perché concentrarsi su azioni concrete fa la differenza, vediamo come strutturare l’allenamento per diventare davvero bravi nel tiro con l’arco.
Quali sono queste azioni concrete? Innanzitutto, dobbiamo
sapere come eseguire un tiro perfetto
: conoscere tutti gli step fondamentali e le giuste
Se tiriamo già da tempo, è possibile che questi gesti siano già consolidati, ma dobbiamo assicurarci di aver consolidato quelli giusti e non abitudini sbagliate. Un buon modo per verificarlo (oltre ai risultati: se le frecce centrano, se la rosata è piccola) è osservarci o meglio ancora farci un video mentre tiriamo:
Siamo rigidi?
Pensavamo di fare certi movimenti, ma non li eseguiamo davvero?
Pensavamo di essere allineati?
Pensavamo di fare un tiro lungo e rilassato, ma riusciamo a rimanere in ancoraggio solo mezzo secondo?
Finiamo il tiro in una buona posizione di follow-through?
Se il 90% del nostro tiro ci soddisfa, possiamo passare alla fase di consolidamento. Se invece ci sono diversi aspetti da migliorare… facciamolo! Ripartiamo da zero: costruiamo un tiro solido, meccanicamente corretto e sicuro. Certo, non stravolgiamo tutto il giorno prima di una gara, ma iniziamo a ricostruire il gesto con metodo.
Questa è la fase di apprendimento, dove dobbiamo sovrascrivere nel cervello il vecchio “programma di tiro” con quello nuovo e corretto.
Alla base dell’apprendimento sportivo ci sono due principi universali:
Scomporre il movimento complesso in piccoli movimenti semplici come si fa in tutti gli sport: basket, nuoto, arti marziali, sci…
Ripetizione per automatizzare: ripetere quei piccoli movimenti in sequenza finché diventano automatici, senza più doverci pensare.
Come isolare e allenare i singoli movimenti del tiro
Per allenare il tiro con l’arco, il nostro gesto dovrebbe già essere scomposto in piccoli movimenti semplici, cioè la sequenza di tiro:
Posizione
Incocco
Pre-caricamento
Allineamento
Ancoraggio
Mira
Espansione
Rilascio
Follow-through
Se abbiamo già chiara questa sequenza, iniziamo da lì. Se non ce l’abbiamo, costruiamola da zero, step per step. Diamo per scontato che tu abbia già una sequenza di tiro, se non ce l'hai sappi che questo è un esempio e non la sequenza di tiro definitiva. Vedremo più aventi come costruirne una e perchè.
Allenare la sequenza passo per passo
Il modo più efficace di allenare ogni fase è focalizzare il 100% della nostra attenzione su un singolo step, eseguirlo correttamente, e poi dimenticarlo. Solo così possiamo concentrarci sul passo successivo senza sovraccaricare il cervello.
Ad esempio, prendiamo l’impugnatura dell’arco: probabilmente la facciamo già in automatico, ma in fase di analisi o costruzione del tiro vogliamo eseguirla in maniera perfetta:
Toccare il riser con la parte corretta della mano
Inclinare la mano a 45 gradi
Non stringere l’arco
Lasciare il polso rilassato e neutro
Una volta completato lo step, boom!: fatto, non ci devo più pensare. Passiamo al prossimo step.
C’è uno step intermedio, che dura una frazione di secondo, in cui diciamo a noi stessi: "Ok, impugnatura fatta, adesso passo a X."
Un trucco molto potente per consolidare il gesto corretto è verbalizzare quello che stiamo facendo, invece di limitarci a pensarci. Possiamo dire ad alta voce:
"Vado in ancoraggio… ok fatto. Prossimo step: trasferisco… ok fatto. Espando…"
Perché è utile farlo?
Rafforza la consapevolezza: parlare ad alta voce ci costringe a concentrarci realmente su ogni movimento, riducendo la possibilità di eseguirlo in automatico e con errori.
Coinvolge più aree del cervello: associare il movimento a un comando verbale crea una connessione più forte tra mente e corpo, accelerando l’apprendimento.
Aiuta a mantenere la sequenza corretta: soprattutto nelle fasi critiche o sotto stress fisico, la verbalizzazione funge da promemoria concreto, evitando di saltare passaggi importanti.
Rende evidente eventuali errori: quando pronunciamo ogni step, ci accorgiamo subito se ci sfugge qualcosa o se un movimento non è corretto, mentre solo pensando potremmo non notarlo.
In altre parole, pensare non basta: il cervello tende a semplificare, soprattutto quando siamo stanchi o sotto pressione. Verbalizzare trasforma ogni step in un’azione consapevole, rendendo l’apprendimento più efficace e duraturo. Questo è fondamentale soprattutto nelle fasi critiche e “fisiche”, come il passaggio dall'ancoraggio al mantenimento: aiuta a non saltare fasi importanti, evitando errori come quelli che portano al target panic.
Perché eseguire e dimenticare ogni step funziona
Eseguire ogni step singolarmente e poi “dimenticarlo” ha due funzioni principali:
Non sovraccaricare il cervello, costringendolo a ricordare l’intera sequenza
Allenare la sequenza completa, perché un buon tiro è la combinazione di tutti gli step eseguiti correttamente
Se ci concentriamo solo su singoli aspetti, come la trazione o la back tension, rischiamo di non fare un tiro complessivamente valido. Anche un rilascio perfetto non basta se la posizione o l’impugnatura sono errate: il tiro è la somma di tutti i gesti corretti, non di uno solo.
Dalla ripetizione alla fluidità
All'inizio, quando costruiamo la sequenza del tiro, ogni passaggio è separato: uno, poi due, poi tre. È normale che i gesti siano frammentati. Ma con il tempo e la ripetizione, queste fasi iniziano a fondersi. Il primo movimento si aggancia al secondo, il terzo si integra col quarto, e piano piano il tiro prende fluidità.
Ogni allenamento serve a trasformare singoli passaggi in un flusso armonioso. All'inizio ci concentriamo su "prima questo, poi quello", ma con la pratica costante i movimenti scorrono insieme e il tiro diventa naturale, elegante, efficace.
Quella fluidità che vediamo in un arciere esperto, che solleva l’arco con stabilità, tende la corda con decisione e lascia andare la freccia con precisione, non nasce dal caso. È il risultato di decine, centinaia di ripetizioni consapevoli, in cui ogni dettaglio viene curato fino a diventare automatico.
Allenarsi significa proprio questo: mettere il corpo nella posizione giusta, guidare ogni gesto con attenzione, e ripetere fino a farlo diventare parte di sé. Solo allora la presa, il gomito, la spalla, il sollevamento dell’arco e la rotazione del busto si uniscono in un’unica sequenza fluida, armoniosa e potente.
Consolidamento: dal gesto corretto all’automatizzazione dei passaggi cruciali
L’obiettivo della prima fase era interiorizzare e automatizzare ogni fase del tiro. Dopo aver tirato centinaia di frecce nella maniera corretta, è probabile che ci saremmo stancati di verbalizzare comandi come:
"Ruota il gomito in modo che l’avambraccio sia perpendicolare al terreno"
E va benissimo così: il gesto, ormai, ci verrà in automatico. Ottimo! Abbiamo ricostruito il nostro tiro in maniera corretta e possiamo passare alla fase successiva: il consolidamento.
Quando l’automatizzazione non basta
Probabilmente avrete già notato dei miglioramenti nel vostro tiro: la rosata è più piccola, più precisa, ma il tiro perfetto non è ancora garantito. Ci sono passaggi a cui non pensiamo più, o che ci sfuggono quando “andiamo in automatico”.
Questi momenti indicano che alcune fasi non sono ancora completamente interiorizzate e devono restare esplicite. In questa fase, la nostra sequenza di tiro si modifica: non contiene più tutti i micro-passaggi, ma solo quelli cruciali che richiedono attenzione.
Dalla fase di apprendimento a quella di miglioramento
Non siamo più nella fase di apprendimento puro, ma in quella di miglioramento e consolidamento. Ora vogliamo pensare e verbalizzare solo i passaggi chiave, quelli che non riusciamo ancora a fare perfettamente.
Ad esempio, io mi dimentico spesso di ruotare il gomito: questo per me rimane un passaggio esplicito, anche durante le gare. Così facendo, mantengo il controllo su ciò che conta davvero, mentre gli altri gesti sono ormai automatici.
Analisi del tiro: non finisce con il follow-through
Abbiamo detto all'inizio che un concetto fondamentale dell'allenamento è che non "si tirano frecce", ma ci si allena. La differenza è che, nell'allenamento, ogni freccia viene tirata consapevolmente.
Un aspetto cruciale di questa consapevolezza è l’auto-analisi. Il nostro tiro non finisce con il follow-through: si completa dopo aver valutato ciò che abbiamo fatto, rimanendo nella posizione di follow-through.
La checklist mentale
Subito dopo ogni tiro, facciamo una sorta di checklist mentale: Come ho impugnato l’arco? Come ho rilasciato la corda? Ho ingaggiato i muscoli giusti? Ero teso? Mi sono dimenticato qualcosa? Questi sono esempi, <metti qui le tue domande personali>.
L’obiettivo non è colpevolizzarsi né esaltarsi, ma imparare e migliorare. Siamo lì per allenarci, non per un esame: gli errori capitano, l’importante è riconoscerli e impegnarsi a correggerli. Piano piano, i progressi arrivano.
Trasformare gli errori in punti espliciti della sequenza
Se ci accorgiamo di avere difficoltà in alcuni passaggi, possiamo inserirli come fasi esplicite e consce del nostro tiro. Prima del tiro successivo, prendiamoci un momento per ripassare mentalmente l’intera sequenza: ciò che vogliamo fare, come vogliamo farlo e quali dettagli dobbiamo controllare.
In questo modo, ogni freccia diventa un’opportunità di miglioramento reale, perché un tiro consapevole vale molto più di cento tiri casuali.
Visualizzazione: allenare la mente per migliorare il tiro
Questo ci porta al prossimo importante aspetto mentale: la visualizzazione.
Spesso, quando si sente parlare di queste tecniche, ci sembrano “cazzate da guru spiritualisti”. Ma proviamo a capire quanto siano importanti con un esempio semplice.
Il paradosso della negazione
Se vi dico: “non pensare assolutamente a un elefante verde”, cosa succede? Immediatamente nella vostra mente si forma l’immagine dell’elefante e diventa impossibile scacciarla.
Immaginate lo stesso concetto in un altro contesto: dico a uno sciatore: “mentre scendi in quel boschetto, non colpire gli alberi”. La sua mente va subito a pensare agli alberi: deve concentrarsi sul fatto di non colpirli, ma ciò che percepisce attivamente sono proprio gli alberi… e questo rende molto difficile evitare l’errore.
Questo succede perché il cervello non distingue tra negazione e affermazione: quando pensiamo a ciò che “non dobbiamo fare”, stiamo comunque portando l’attenzione su quell'azione o quell'oggetto.
Applicazione nel tiro con l’arco
Lo stesso accade nel tiro con l’arco: ogni volta che pensiamo
“non devo rilasciare subito”
“non devo chiudere le spalle”
“non devo…”
stiamo spostando l’attenzione sugli aspetti sbagliati, rendendo più probabile che succedano.
La soluzione è semplice: dobbiamo pensare a ciò che dobbiamo fare, non a ciò che non dobbiamo fare.
Visualizzare il tiro perfetto
Visualizzare il tiro perfetto prima di eseguirlo prepara il cervello ad eseguire i movimenti corretti. È fondamentale focalizzarsi solo su ciò che vogliamo fare bene, ignorando gli errori.
Prima di tirare, quindi, pensiamo a tutto quello che faremo correttamente: come solleviamo l’arco, come tiriamo la corda, come eseguiamo il rilascio, come miriamo. Questi sono esempi, la regola è: come facciamo la nostra personale sequenza di tiro.
Puoi visualizzarlo in qualunque modo preferisci:
In prima persona, sentendo il gesto come se fosse il tuo corpo a muoversi
In terza persona, osservandoti dall’esterno
Pensando ai comandi vocali che usi durante l’allenamento
L’importante è farlo prima di ogni tiro, così la mente e il corpo si sincronizzano sui movimenti corretti.
La visualizzazione del tiro perfetto è utile perchè prepara il cervello all'esecuzione, è come se facessimo fare una prova mentale del tiro che stiamo per fare. Come se fosse un tiro di prova perfetto prima del vero tiro.
Anche questa tecnica non me la sono inventata, se guardate i tuffatori o i ginnasti, o chi salta in alto, vedrete che anche loro prima di eseguire il gesto si preparano mentalmente. Quello che dall'esterno può sembrare uno "strano modo di darsi la carica", in realtà è la visualizzazione della loro performance.
Bersaglio sì o bersaglio no?
Se stiamo costruendo il tiro, o lavorando su un aspetto specifico della tecnica, è molto meglio non usare un bersaglio. L’ideale è tirare al paglione vuoto da poca distanza (5 massimo 10 metri). Perché? Perché il fatto di “dover” centrare il bersaglio aggiunge una difficoltà inutile: in questa fase di allenamento (e sottolineo allenamento) quello che vogliamo fare è l’opposto, cioè semplificare al massimo e metterci nelle condizioni ottimali per imparare.
In realtà questa regola vale sempre: il paglione è uno strumento fondamentale. Ma, ovviamente, prima o poi bisogna pur tirare a un bersaglio. Inoltre, tirando solo alla paglia senza bersaglio, sì, avremo la percezioni della bontà del nostro tiro, vedremo la rosata stringersi ma ci mancherà la sicurezza di aver fatto centro e aver tirato esattamente dove volevamo. Allora, cosa fare?
Un metodo pratico: come divido le frecce
Io mi alleno così: uso 8 frecce (per me è il numero perfetto: 7 sono poche, 9 troppe, ma è personale).
Le prime 5 le tiro al paglione, senza bersaglio, concentrandomi solo sulla tecnica. Sono come “anticipazioni” del tiro che voglio fare.
Le ultime 3 invece le tiro al bersaglio, ma cercando di mantenere la stessa concentrazione delle prime.
In una sessione di allenamento, questo schema rappresenta solo un 20% del tempo. Il 70% lo passo al paglione e il restante 10% lo dedico al divertimento, cioè a provare tiri da distanze diverse, bersagli particolari, piccole sfide per alleggerire l’atmosfera.
Questa divisione del tempo in realtà dipende anche dal tipo di allenamento che sto facendo: se sto costruendo il tiro o se mi devo focalizzare nel migliorare un determinato aspetto, preferisco tirare senza bersaglio. Se invece sono in fase di convalida del tiro e i movimenti sono tutti automatizzati, tirerò di più al bersaglio.
In ogni caso, una percentuale di frecce senza bersaglio, aiuta a concentrarsi maggiormente sui propri movimenti e a migliorare la pulizia del tiro. Inoltre da più la sensazione di allenamento: non ho il bersaglio, mi sto allenando. Col bersaglio invece, siamo "costretti" a cercare il centro, anche a scapito dell'allenamento e della ricerca del movimento perfetto.
“Allenamento” non vuol dire noia
Ora, quando parliamo di sequenza, tecnica, visualizzazione e concentrazione, e magari di tirare senza bersaglio, può sembrare che l’allenamento con l’arco diventi pesante, fatto solo di rigidità e ripetizioni infinite. In una parola: noioso. Ma ricordiamoci due cose fondamentali:
Se vogliamo migliorare, dobbiamo allenarci. Punto. Pensate a un pugile: è impensabile che salga sul ring senza preparazione, prenderebbe solo pugni in faccia. Ed è altrettanto impensabile che il suo “allenamento” sia fatto solo di incontri. In palestra lavora su tecnica, forza, fiato, ripetizioni infinite. È proprio questo che poi gli permette di andare “a istinto” durante il match.
Allenarsi bene è più divertente che tirare a caso. Già dopo una singola sessione ci si accorge dei progressi. Questo fa crescere la motivazione e fa passare il tempo ancora più in fretta, perché lo stiamo usando in modo costruttivo. E, alla fine, la soddisfazione di un allenamento fatto bene è immensamente più grande rispetto a cento frecce tirate male.
Se vi allenate così, vi posso garantire che i risultati li vedrete già alla prossima gara.
E alle gare?
Le gare non sono semplicemente un’occasione per confrontarsi con gli altri, ma soprattutto un banco di prova personale. Durante la competizione l’obiettivo non è inventarsi nulla di nuovo, ma ripetere la sequenza di tiro così come l’abbiamo allenata: stessa impostazione, stessi movimenti, stessa concentrazione.
Il risultato diventa allora una cartina tornasole:
se le frecce vanno al centro, significa che l’allenamento ha prodotto i frutti sperati;
se invece emergono errori o difficoltà, la gara ci indica chiaramente su quali aspetti focalizzarci negli allenamenti successivi.
In questo modo, ogni gara diventa un tassello prezioso nel percorso di crescita dell’arciere: non solo una sfida, ma una validazione pratica del lavoro fatto e uno stimolo a migliorare con maggiore consapevolezza.
Aspetti mentali della gara
Nelle gare succede sempre la stessa cosa: il battito accelera, i muscoli si fanno più tesi e ci sembra che “tutti” ci stiano guardando (anche se, in realtà, nessuno lo fa davvero).
Il cervello inizia a concentrarsi sul fatto che deve fare centro, deve fare il punteggio più alto... cosa succede su sbaglio... Tutti questi "pensieri" consci o subconsci portano via la nostra attenzione dalla cosa fondamentale: fare quei giusti movimenti in sequenza, quelli che abbiamo provato migliaia di volte in allenamento e ci fanno fare un buon tiro.
È fondamentale quindi dirigere la nostra attenzione conscia su questi movimenti, pensare alla sequenza che faremo. Concentrarsi attivamente sui movimenti fisici che faremo nel prossimo tiro, forse non riusciremo a farlo al 100% ma tireremo bene se penseremo al tiro, non se ci preoccuperemo del resto.
Il contesto competitivo rende tutto più difficile, e questo è un motivo in più per non inventarsi nulla di nuovo, ma per ripetere esattamente ciò che abbiamo fatto e sappiamo fare bene durante gli allenamenti.
La chiave per tirare al meglio in gara, quando la pressione si fa sentire, è mantenere il focus sul processo. Ripetiamolo con forza: ciò che conta è la sequenza del tiro, passo dopo passo. Solo così la pressione diventa gestibile. Se concentriamo l’attenzione unicamente sul bersaglio, affidandoci alla speranza, il tiro perde stabilità. Ma quando ci focalizziamo sul processo, controllando ogni fase con precisione, allora il tiro nasce solido e sicuro.
Ecco perché le strategie mentali (queste sono strategie, non trucchi) diventano fondamentali:
Visualizzare il tiro che stiamo per eseguire;
Richiamare la sequenza di tiro nella nostra mente, passo dopo passo;
Dirigere ogni step, anche solo verbalizzandolo mentalmente (così da non sembrare un po’ “strani” agli altri 😅).
E con questi tre punti, intendo proprio dirci mentalmente: ok, incocco così, poi sollevo l'arco, poi faccio questo, poi mi ricordo di trasferire dietro, poi faccio l'espansione... Insomma pensare concretamente, attivamente e fisicamente ad ogni piccolo step del tiro. Abbiamo bisogno solo di questo.
Questi strumenti non solo ci aiutano a tirare frecce migliori, ma hanno anche un effetto potentissimo: ci ancorano al presente, a quello che stiamo facendo davvero, impedendo alla mente di vagare verso le preoccupazioni sul punteggio, sull’esito della gara o sulla tensione.
In altre parole, quando sappiamo esattamente cosa dobbiamo fare e come dobbiamo farlo, diventa molto più facile restare concentrati e trasformare la pressione in energia positiva.
Conclusione: la pratica non rende perfetti
Quindi alleniamoci, alleniamoci, alleniamoci! La pratica rende perfetti! No, smantelliamo questa mentalità. L'allenamento e la pratica creano miglioramenti, possiamo sempre migliorare il nostro "record" e possiamo sempre migliorare rispetto a ieri. Non faremo mai il tiro perfetto, ma continueremo a migliorare, migliorare, migliorare. Allenandoci, allenandoci, allenandoci.