Non so voi, ma io ho passato anni a chiedermi: “Perché cavolo la freccia va dieci centimetri a sinistra quando la mira sembrava perfetta?”
Frustrazione pura. A quello che noto durante le gare e in allenamento, succede a tutti. Non importa che tu abbia un ricurvo, un compound o un arco storico: prima o poi ti ritrovi a fissare il bersaglio e a pensare che l’arco ce l’abbia con te.
Ecco perché, invece di inventarmi tecniche “a sentimento”, ho iniziato a guardare al mondo degli arcieri olimpici. Quelli che tirano a 70 metri e centrano il giallo come se fosse la cosa più naturale del mondo. Non perché io abbia bisogno di colpire un bersaglio olimpico, ma perché se loro hanno trovato un metodo per essere consistenti, allora io posso prenderne in prestito i principi e adattarli, anche solo per colpire una corda a 10 metri, o un cinghiale (finto) a 15 nel super spot.
Non sono un maestro, non sono un istruttore, non vendo corsi. Sono solo uno che si è reso conto che capire la meccaniche essenziali del tiro con l’arco: muscoli, ossa, mente, può salvarti dal target panic, farti diventare più preciso e soprattutto evitare di rovinarti una spalla.
Capire la tensione della schiena (il cuore del tiro)
Se c’è un concetto che cambia il modo di tirare, è la tensione dorsale, la famosa back tension.
Spesso ci concentriamo solo sul braccio che tira, ma in realtà la vera potenza e la vera precisione arrivano da dietro, dalla schiena, in particolare dai trapezi inferiori.
Pensateci: se tiro solo con le braccia, prima o poi mi stanco, perdo allineamento e inizio a compensare in modi strani. È il classico “colpo che scappa”.
Se invece imparo a coinvolgere la schiena, creo una tensione costante, ripetibile e (cosa da non sottovalutare) più sicura per le spalle.
I problemi comuni (e perché capitano a tutti)
Chi non si è trovato a:
mirare al centro e colpire sotto?
mirare sopra e trovarsi il bersaglio bucato più in basso?
arrivare all’ancoraggio e sentire di non avere il controllo?
A me succede. Spesso. È normale.
Il problema non è la mira, ma il fatto che spesso non sappiamo cosa stiano facendo le nostre scapole. Pensiamo di tirare con il braccio, quando in realtà dovremmo “tirare con la schiena”.
Esercizi pratici per sentire la schiena
Prima ancora di prendere in mano l’arco, potete provare così:
Braccio dritto davanti a voi, spalla rilassata.
Senza piegare il gomito, tirate indietro e avanti, lentamente.
Sentite la scapola che si muove e si blocca al centro? Quello è il movimento che vogliamo.
Poi variate: alzate il braccio, muovete la scapola in diverse angolazioni, e iniziate a collegare il cervello a quei muscoli che di solito ignoriamo. Sembra una sciocchezza, ma questo è l’inizio di una memoria muscolare ripetibile.
Costruire un punto di ancoraggio solido
Un buon tiro non nasce “a caso”. Serve un punto di ancoraggio ripetibile, che non dipenda da come ti senti quel giorno o da quanta forza hai.
👉 La tensione dorsale ti porta naturalmente a un “muro biomeccanico”, un punto in cui le scapole non possono andare oltre. È lì che costruisci il tuo ancoraggio: solido, ripetibile, affidabile.
Perché tutto questo conta (anche per la salute)
Il vecchio metodo del “tirare con la spalla” funziona… finché non smette di funzionare. Molti arcieri che incontro alle gare, diciamo “della vecchia scuola” (sia anzianotti che giovani) oggi hanno spalle rovinate per anni di trazione sbagliata. Non serve tirare archi da 60 libbre per farsi male: basta ripetere un movimento storto abbastanza volte anche con archi leggeri.
Imparare a usare la back tension non serve solo a colpire meglio il bersaglio: è un’assicurazione sulla nostra salute a lungo termine.
I benefici della back tension
La differenza tra “tirare di braccia” e “tirare di schiena” si sente eccome.
Quando coinvolgi la scapola nel movimento, non è più solo il braccio che spinge e tira: è il dorsale che guida, muovendo la scapola, che a sua volta muove l’omero, che a sua volta trasforma quella rotazione in un movimento lineare della mano.
È come se tutto il corpo lavorasse in sincronia per portare il gomito in basso, in un movimento pulito e naturale. Risultato? La freccia parte dritta, la mano rimane allineata al punto di ancoraggio, e il colpo è ripetibile.
Questa è la magia della tensione dorsale: un gesto che parte da dietro, si trasforma in fluidità davanti, e libera la freccia con precisione chirurgica.
Ma soprattutto: spalla = muscolo (anzi insieme di muscoletti) molto piccoli (strutturati per fare altri movimenti). dorsali = grandi e potenti muscoli strutturati esattamente per tirare.
Ottenere un potente follow-through
Molti arcieri cercano di “forzare” il movimento finale, come se il follow-through fosse un gesto da imitare. In realtà, quando la tensione dorsale è attiva, il follow-through succede da solo.
Ti concentri sull’impegno scapolare, accumuli tensione, arrivi al muro biomeccanico… e quando il colpo si rompe, bam: la mano scivola all’indietro, il gomito ruota, e il rilascio è pulito, potente, elegante.
Non c’è nulla di “costruito”. È la naturale conseguenza di una biomeccanica corretta.
Ed è proprio questo che rende un colpo bello da vedere tanto quanto da tirare.
La bellezza di un buon tiro con l’arco
Avete mai guardato un arciere olimpico o un tradizionale esperto tirare da dietro?
È ipnotico. Vedi la tensione crescere, la linea perfetta, il rilascio che sembra senza sforzo… e poi la freccia che vola dritta.
È pura estetica del movimento. Non perché sia “figo” o spettacolare, ma perché è armonico, naturale.
Ed è qualcosa che tutti possiamo imparare: non è un dono raro, è semplicemente buona tecnica ripetuta nel tempo.
Tensione dorsale vs trazione di spalla
La differenza sta tutta lì:
tensione dorsale = movimento guidato dalla schiena, stabile, sano, ripetibile;
trazione di spalla = movimento guidato dall’articolazione, instabile, rischioso.
Chi tira solo di spalla, prima o poi, conosce il dolore in alto, vicino all’acromion. È l’inizio di un’infiammazione, e col tempo può trasformarsi in uno sperone osseo che scava nei tessuti molli.
La tensione dorsale, invece, scarica il lavoro su grandi gruppi muscolari, protegge la spalla e permette di costruire una tecnica longeva. Non è solo questione di precisione: è questione di salute.
Un esercizio semplice per capire la back tensione, da fare anche senza arco, anzi senza lo sforzo dell’arco si percepisce ancora di più, è il seguente: vai in ancoraggio, poi pensa a ruotare il gomito dietro di te come se fosse una piccola cerniera. Sentirai la tensione accumularsi dentro la scapola. È quello il punto da cui deve partire il rilascio.
Questo semplice esercizio risulterà praticamente impossibile se:
In ancoraggio (o prima) il polso è piegato, cioè la mano non è in linea con il gomito
non si è predisposto il tiro fin dall’inizio per trovarci allineati
Vediamo quindi come ottenere passo passo queste cose fondamentali.
Sviluppare la Back Tension
Ma come si fa ad usare la back tension?
Pensate al funzionamento di un pistone: un movimento circolare che diventa rettilineo.
Allo stesso modo, quando attiviamo il trapezio e portiamo le scapole in adduzione (portare un arto verso il centro del corpo) e leggera rotazione, il movimento circolare delle scapole e del gomito si traduce in una trazione lineare e stabile mantenuta dall’allineamento dell’omero e della spalla.
Durante la trazione, questo movimento ci accompagna in modo naturale verso l’ancoraggio. Una volta arrivati lì, nel trasferimento, il gesto si accentua ancora di più: il gomito va a posizionarsi in linea con tre punti fondamentali: la mano dell’arco, la spalla davanti e la spalla dietro.
Quindi in pratica? Quando sono pronto per eseguire la trazione per arrivare all’ancoraggio, non immagino un movimento rettilineo del gomito o della mano, ma adduco le scapole, cioè porto le scapole verso la colonna vertebrale, generando un movimento circolare. Il gomito segue e tira indietro finchè non tocco i riferimenti al viso. Sono in ancoraggio.
Appena arrivato in ancoraggio, per scaricare braccia e spalle, facendo perno sulla spalla, porto (trasferisco) il gomito in linea con spalla posteriore, anteriore e mano dell’arco.
In questo modo le spalle si scaricano completamente, purché restino basse, e la tensione si trasferisce nella parte posteriore.
Questa fase potrebbe diventare l’ultima possibilità di allineamento, prima di concentrarsi sull’espansione. è meglio se quando si arriva all’ancoraggio le spalle e la mano dell’arco sono già allineate al bersaglio, ma se non lo fossero, è un ottimo momento per farlo, aggiungendo anche il gomito. Un tiro non allineato è molto più complesso, ma soprattutto non consistente e non ripetibile.
Grazie a questo possiamo essere consistenti, avere un allungo costante e garantire stabilità e qualità al nostro tiro.
Costruire una sequenza di tiro
Ora che abbiamo definito cosa sia una buona posizione di tenuta e come utilizzare correttamente la tensione dorsale, è il momento di costruire un tiro completo dall’inizio alla fine.
La chiave è avere una sequenza di tiro chiara e ripetibile, supportata da una gestione mentale consapevole.
Conscio vs. Subconscio: il concetto fondamentale
Di questo argomento parlo in dettaglio in questo testo (se ti interessa puoi dargli un’occhiata) ma di base dobbiamo tenere a mente che:
La mente cosciente può dirigere una sola cosa alla volta.
La mente subconscia è invece in grado di gestire contemporaneamente più attività attraverso i cosiddetti programmi motori (quella che spesso viene chiamata “memoria muscolare”).
Ogni movimento che ripetiamo viene “impresso” nel nostro cervello come un piccolo programma eseguibile in automatico su un computer.
👉 Per questo motivo è fondamentale che ogni posizione e movimento vengano appresi correttamente fin dall’inizio: ciò che si imprime, rimane. Si può comunque cambiare e sovrascrivere un programma, anzi è proprio quello che vogliamo fare. Sovrascrivere il nostro programma di tiro bacato con uno corretto.
I programmi motori e lo “spunto attenzionale”
Un programma motorio si avvia quando riceve un segnale preciso, lo spunto attenzionale:
può essere visivo (es. vedere la mano tesa per la stretta di mano),
uditivo,
oppure tattile.
Una volta avviato, il programma motorio si esegue in automatico senza che la mente cosciente debba pensare ai singoli movimenti. (Pensate a stringere la mano di qualcuno, non dobbiamo pensarci, è automatico)
👉 Il tiro con l’arco funziona allo stesso modo: lo spunto avvia la sequenza e il corpo “scarica” ed esegue il programma appreso.
La curva di apprendimento
Per comprendere come si sviluppa un tiro efficace, è utile osservare la cosiddetta curva di apprendimento. Ogni abilità, compreso il tiro con l’arco, segue un percorso simile: si passa da una fase in cui ogni gesto richiede attenzione consapevole a una fase in cui i movimenti diventano naturali e automatici.
Fase cognitiva: all’inizio ogni movimento è diretto consapevolmente (es. un bambino che impara a girare la chiave della serratura).
Fase automatica: con la ripetizione corretta, i movimenti vengono impressi e diventano automatici.
Il nostro obiettivo è spostare il tiro dall'essere un insieme di movimenti consapevoli a un flusso automatico e naturale (tranne alcuni step, che non potranno mai diventare automatici, ma ne parleremo più avanti)
Applicare questi concetti al tiro con l’arco
In un tiro con l’arco, facciamo esattamente la stessa cosa. Quando stiamo imparando un tiro, vogliamo dirigere coscientemente ogni posizione o movimento fino a renderlo perfetto. Mettiamo il nostro corpo in una posizione ideale, vogliamo che il movimento segua la direzione giusta, e usiamo la mente conscia per imprimere correttamente ogni gesto.
Ricorda: la mente conscia può concentrarsi su una sola cosa alla volta.
Non possiamo pensare a un ciclo di tiro di dieci o undici passaggi tutti insieme. Per questo, li affrontiamo uno alla volta, seguendo l’ordine corretto. Quando stiamo imparando il tiro, iniziamo impostando una postura base, posizioniamo la freccia, agganciamo la corda, ecc...
In questa fase dobbiamo verbalizzare mentalmente la sequenza del tiro: un piccolo passo alla volta.
Controlliamo la tensione sulla corda, l’impugnatura dell’arco, l’orientamento del gomito e delle spalle, la posizione della testa, solleviamo l’arco e allineiamo le spalle, carichiamo l’arco, ancoriamo, trasferiamo, miriamo e infine eseguiamo il rilascio.
Tutto questo, passo dopo passo, consapevolmente.
Concentrazione passo passo
Per imparare efficacemente, ci concentriamo su un singolo elemento alla volta. Ad esempio, per impostare correttamente l’aggancio della corda: ci focalizziamo solo su quello finché non è stabile, poi lo lasciamo, senza modificarlo, e passiamo al passo successivo.
Poi ci concentriamo sull’impugnatura: posizioniamo le nocche e il pollice in modo corretto, con una presa morbida e naturale sull’arco. Una volta fatto, dimentichiamocene e manteniamo la posizione.
Procediamo quindi all’orientamento del gomito, alla posizione delle spalle, e così via.
Ogni piccolo dettaglio viene diretto in modo perfetto, uno alla volta, costruendo gradualmente una posizione e un movimento ideali.
Pre-caricamento e caricamento
Una volta pronti, impostiamo la nostra postura.
Blocchiamo le ginocchia per stabilizzare i fianchi e aprire il bersaglio.
Solleviamo l’arco e ruotiamo leggermente il corpo per ottenere la corretta linea delle spalle: arco e spalle sono in linea retta verso il bersaglio. Non sono tese ma rilassate. Questo è il pre-caricamento del tiro.
Nota: quando siamo in ancoraggio, arco e spalle devono essere in una linea retta verso il bersaglio, è questo che permette di ingaggiare i muscoli dorsali e usare la back tension.
Ci sono alcuni arcieri molto bravi che eseguono questo allineamento durante la trazione, cioè iniziano la trazione con l'arco non in linea con le spalle, e durante la trazione ruotano il corpo e le spalle per raggiungere l'allineamento.
Se lo sai già fare, continua a farlo. Personalmente lo trovo un movimento che richiede una coordinazione molto elevata per riuscire bene e molto complesso da realizzare. Si deve riuscire a ruotare anche e spalle facendo perno sulla spalla anteriore, spostando anche il controllo ai muscoli dorsali.
È possibile che sia un mio limite, ma la mia strategia invece è quella di semplificare il più possibile, per questo che consiglio di trovarsi già allineati quando si fa la trazione: i muscoli della spalla (o meglio del dorso) anteriore sono già ingaggiati e durante la trazione si deve fare un movimento molto più semplice.
Pratichiamo questo piccolo movimento ogni volta, fino a perfezionarlo. Quando raggiungiamo questa posizione, la fase preliminare è completa.
Carichiamo l’arco. Solleviamo l’arco verso l’ancoraggio, il gomito si alza, trasferiamo l’ancoraggio, otteniamo l’allineamento e stabilizziamo la direzione della tensione per il rilascio.
La tensione non punta verso la parte opposta del bersaglio ( seguendo la freccia), ma verso la nostra schiena. La tensione la sviluppiamo dalle scapole vero “indietro” prima e poi verso la colonna vertebrale: puntiamo la scapola verso la colonna vertebrale, in questo modo ingaggiamo i muscoli dorsali e usiamo la back tension.
Tutto fatto, tutto pronto.
Mira ed esecuzione
Manteniamo la tensione. A questo punto, lasciamo che la mente cerchi il nostro bersaglio, qualunque sia il metodo di mira. Ripeto: la mente, non gli occhi. La mira non è un vero e proprio step della sequenza di tiro.
La mira è subconscia, si ottiene guardando il bersaglio non va cercata attivamente. Perchè? Per due motivi:
il cervello può gestire solo una cosa alla volta: se pensiamo a mirare non possiamo pensare alla back tension, all'espansione e al rilascio. ma questi sono molto più fondamentali della mira.
La mira non può essere conscia: ne parlo in dettaglio qui.
Adesso spostiamo l’attenzione sulla tensione nella direzione corretta. Manteniamo questa tensione fino al momento in cui il "grilletto" scatta, la corda si stacca, e il colpo è completato.
Abbiamo così fatto scorrere la mente attraverso l’intera sequenza del tiro: ogni passo completato, dimenticato, e passiamo al successivo. Ripetendo ogni dettaglio in modo consapevole e corretto, presto molte di queste azioni più semplici diventano automatiche. E quando ciò accade, le eseguiamo perfettamente ogni volta, senza più pensarci.
Imprinting vs. vecchie abitudini
Il punto è questo: molti di noi tirano da anni seguendo abitudini poco corrette, e di conseguenza abbiamo programmi motori profondamente impressi. Se non pensiamo consapevolmente a posizioni e movimenti, il cervello tornerà automaticamente al vecchio schema, perché quello è ormai quello “di default”.
L’unico modo per superarlo è dirigere ogni posizione e movimento con attenzione, fino a renderlo perfetto. Se ci dimentichiamo di farlo, ripeteremo il vecchio modo e lo stamperemo di nuovo nel nostro corpo, consolidando ancora le cattive abitudini.
Se vogliamo costruire un tiro corretto, dobbiamo quindi muoverci consapevolmente attraverso ogni fase del tiro. Dobbiamo ripeterlo così tante volte nella maniera giusta da rendere il nuovo programma motorio quello dominante.
Fino a quel momento non possiamo delegare nulla al subconscio: dobbiamo guidare coscientemente ogni posizione e movimento.
La buona notizia però, è che se ho tirato male da 20 anni, non avrò bisogno di altri 20 anni per correggere i movimenti. Poche centinaia di ripetizioni (frecce tirate) consapevoli bastano perchè il nuovo programma sostituisca il vecchio.
Dopo ogni allenamento comunque, analizziamo quali sono gli step che siamo riusciti a sovrascrivere e quali sono ancora in fase di automazione. Sposteremo la nostra attenzione conscia su di questi.
Innesco dei programmi motori: subconscio vs. conscio
Quando parliamo di programmazione motoria, esistono due livelli: quello subconscio e quello conscio.
Durante la sequenza del tiro, è importante capire come il nostro cervello registra ogni movimento. Ogni gesto che facciamo viene impresso e potrà essere richiamato automaticamente in futuro. Per questo, vale davvero la pena eseguirlo correttamente fin dall’inizio.
Quando esegui un tiro male, congratulazioni: ti sei peggiorato.
Se invece lo esegui correttamente, congratulazioni: ti sei migliorato.
Ogni tiro, ogni posizione, ogni movimento conta davvero.
Il lungo percorso: sforzo cognitivo e pressione
Da adulto, e avendo iniziato a imparare correttamente il tiro solo 7-8 anni fa, dopo anni di cattive abitudini, posizioni e movimenti inefficienti, devo essere molto consapevole durante il mio tiro.
Ho programmi motori impressi per anni, costruiti in modo scorretto. Per alcune fasi del tiro devo quindi essere conscio di ogni movimento, mentre una volta imparato correttamente potrò lasciare che il subconscio gestisca gran parte della sequenza.
Ci sono però posizioni e movimenti su cui dovrò rimanere concentrato per tutta la vita; semplicemente non basterà il tempo per imprimere un nuovo programma motorio che sostituisca completamente quello vecchio.
All'inizio odiavo questa necessità di pensare così tanto durante il tiro, ma oggi l’ho accettata. La ragione è semplice: so che, seguendo il processo, posso fare un buon tiro anche sotto pressione.
Se mi concentro su ogni fase e controllo le posizioni e i movimenti, posso realizzare un tiro valido anche nei momenti più stressanti. È una sensazione incredibile. Certo, tutti vorremmo tirare, lasciare andare la corda e fare centro ogni volta, ma purtroppo non funziona così.
Processo! Prima del risultato sotto pressione
La chiave per tirare bene sotto pressione è concentrarsi sul processo. Questo concetto è così importante che lo ripeterò più volte: focalizzarsi sulla sequenza del tiro, passo dopo passo, è ciò che permette di gestire la pressione. Se pensiamo solo al bersaglio e guardiamo lontano, tiriamo con la speranza. Se invece ci concentriamo sul processo, avendo il controllo di ogni fase, tiriamo con sicurezza.
Ovviamente siamo esseri umani e non riusciremo a farlo perfettamente ogni volta, ma concentrarsi sul processo è il modo migliore per mantenere un livello di tiro elevato nel tempo e per affrontare con successo i momenti di pressione.
Dai passaggi alla fluidità
Quando iniziamo a creare la nostra sequenza del tiro ed allenarla, all'inizio ogni fase è frammentata: facciamo uno, poi due, poi tre. Con il tempo, queste fasi cominciano a fondersi tra loro. Il primo movimento si combina con il secondo, il terzo con il quarto, e piano piano il tiro inizia a apparire armonioso.
All’inizio ogni gesto è separato: prima questo, poi quello, poi quell’altro, e così via. Ma presto tutto comincia a scorrere insieme, e nasce un tiro fluido e bello da vedere.
Non c’è nulla di più affascinante che osservare una persona con un ricurvo o un longbow eseguire un tiro così armonioso: la tensione nella schiena si stabilizza, l’arco si muove con eleganza e la freccia colpisce il bersaglio con precisione. Per me, è uno spettacolo straordinario da vedere. È pura bellezza.
Quello che rende questo movimento così elegante è il lavoro invisibile che c’è sotto: decine, centinaia di ripetizioni dei gesti perfetti, fatti in modo consapevole, fino a che non diventano naturali.
È così che si costruisce un tiro eccellente: passo dopo passo, posizionando il corpo correttamente, dirigendo i movimenti nel modo giusto e ripetendoli fino a farli diventare parte di noi.
Alla fine, la presa, il gomito, la spalla, il sollevamento dell’arco e la torsione del corpo si combinano in un’unica sequenza perfetta, fluida e armoniosa.
Costruisci la tua sequenza di tiro
Una cosa fondamentale: ognuno deve costruire la propria sequenza di tiro. Se ti chiami Lorenzo, dovresti avere una sequenza di tiro "alla Lorenzo". Se ti chiami Antonio, dovresti avere una sequenza "alla Antonio".
Qualsiasi fase del tiro che non esegui perfettamente in automatico deve far parte della tua sequenza. Se lasci tutto al subconscio, ripeterai continuamente movimenti o posizioni sbagliate, allenandoti sulle cattive abitudini.
Quindi sviluppa la tua sequenza personale. Se sei agli inizi, percorri tutti i passaggi che trovi sopra. Se invece hai già una buona base e alcune parti del tiro funzionano automaticamente, lascia che siano gestite dal subconscio.
Non voglio che tu debba pensare a dieci cose ogni volta che tiri.
Concentrati solo su ciò che non fai perfettamente, in modo da garantire che il tiro sia sempre valido.
La tua sequenza personale sarà unica e potrà cambiare: se un movimento peggiora, inseriscilo nella sequenza; se invece diventa automatico, puoi lasciarlo andare.
Esempio personale: attenzione alla spalla
La mia sequenza personale richiede sempre un’attenzione particolare alla spalla "della corda". Ho trascorso anni abituato a sollevare la spalla "della corda" durante la trazione, e ci è voluto molto tempo per imparare a coinvolgere correttamente i muscoli.
Per questo, all’inizio ho dovuto inserire questo movimento due volte nella mia sequenza. Oggi basta una sola volta, ma è ancora una fase su cui devo rimanere consapevole, perché per tanti anni l'ho fatta in modo scorretto. Chissà se riuscirò mai a farla diventare completamente automatica.
Quindi, costruisci la tua sequenza di tiro. Se sei un neofita: posizionamento, incocco, presa dell'arco, pre-trazione ed allineamento, trazione, ancoraggio, trasferimento, espansione, follow-through. Se questa ti sembra troppo complessa, accorciala, ma sappi che contiene tutti gli aspetti fondamentali del tiro.
Se invece sei un arciere con già un po' di esperienza, valuta il tuo tiro, individua ciò che non esegui perfettamente e inseriscilo in una sequenza ordinata. Non puoi pensare a due cose contemporaneamente: puoi dirigere solo un movimento alla volta. Mettili quindi in ordine logico, così che quando tirerai ogni fase sarà già presa in carico.
Ricorda: nella tua sequenza personale c’è almeno un passaggio che non potrai mai lasciare al subconscio, ed è il modo in cui concludi il tiro. è fondamentale.
Non delegare mai la conclusione
L’unico aspetto del tiro che non puoi mai lasciare al subconscio è l’applicazione della tensione nella direzione corretta per concludere il tiro. Non penserai alla mira, non penserai al rilascio: penserai solo alla tensione nel verso giusto. Questo è così cruciale che l’ho già detto e lo ripeterò.
Immagina di guidare la tua mente attraverso tutta la posizione finale, fino al completamento del tiro.
Segnali e sistemi di controllo
I programmi motori subconsci possono essere attivati in modi diversi. Negli sport reattivi si usano continuamente segnali visivi. Ma non importa quale sport pratichi: quando impari, l’allenatore ti fa sempre eseguire i movimenti lentamente e nelle posizioni corrette.
Se stai imparando il tiro libero nel basket, ti aiuta a sistemare il gomito all'angolo giusto. Se sei un lottatore, ripeti movimenti specifici come calci, pugni o prese. In ogni caso, metti il corpo nella posizione perfetta e la ripeti lentamente per imprimere correttamente il movimento. Durante la partita o la competizione, tutto diventa reattivo: i segnali visivi scatenano il programma motorio, ma dietro c’è stato un lungo processo di apprendimento cosciente e ripetitivo.
Non importa lo sport: musica, atletica, arti marziali… si tratta sempre di esercitarsi in sequenza. I programmi motori vengono stampati nel cervello e attivati da segnali specifici: un musicista legge la musica, un atleta reagisce a un avversario. Se sviluppiamo la reazione in modo preciso, il cervello seguirà quei movimenti in modo più efficiente. L’allenatore insegna lentamente e in modo dettagliato, e noi reagiamo visivamente.
Controllo cognitivo e parole come segnali
Esiste poi un sistema di controllo cognitivo, per noi esseri umani, le parole sono il segnale più potente per muoverci: pensate a qualsiasi sport, le parole generano movimento e intensità.
Se sollevi pesi e vuoi completare l’ultima ripetizione, spesso uno spotter deve urlarti "vai, spingi, ancora!", e così riesci a terminare l’esercizio. Allo stesso modo, durante il tiro, usare parole interiori può guidare un movimento: nei passaggi che richiedono sforzo, io mi dico mentalmente "trasferisco" quando arrivo all'ancoraggio. Questo aiuta il movimento a realizzarsi. Se non verbalizzo quella parola, spesso il movimento non viene eseguito correttamente.
L'efficienza del subconscio (e i suoi tranelli)
Il subconscio, cerca sempre l'efficienza: la strada più facile, il modo più veloce. Questo è utile in tante situazioni, ma nel tiro con l'arco può diventare un problema. Se un movimento richiede sforzo fisico o attenzione stressante, il subconscio tende a saltarlo.
Ecco perché dettagli semplici, come l'orientamento del gomito o la spalla ben posizionata, diventano automatici: li ho ripetuti talmente tante volte che ormai sono impressi come programmi motori stabili. Ma altre azioni, come il "trasferimento" e il mantenimento della tensione, richiedono impegno muscolare e direzionale. In quei casi, se non li richiamo consapevolmente, il subconscio spesso li lascia indietro. Per questo mi affido alle parole: "trasferisco, mantengo". Ripeterle mi obbliga a farlo, senza scorciatoie.
Bonus: iniziare bene, continuare meglio
Realtà dell'allenamento: lavoro duro, non scorciatoie
Il lavoro di un allenamento, in fondo, è simile a quello del venditore: convincerti a fare cose che non faresti spontaneamente, a pensare a dettagli che normalmente ignoreresti.
Perché il tiro con l’arco richiede duro lavoro. Il nostro subconscio (e spesso anche la nostra parte cosciente) cerca sempre la scorciatoia. Tutti vorremmo semplicemente tirare indietro, lasciare andare e centrare il bersaglio ogni volta. Ma non funziona così.
Un tiro preciso è frutto di impegno, concentrazione e tanta ripetizione. Non ci sono trucchi: bisogna costruirlo passo dopo passo, attraverso una sequenza di tiro ben definita e seguita consapevolmente.
Allenarsi con intenzione
Ecco perché è fondamentale comprendere questi concetti: per convincerti a fare ogni gesto correttamente fin da subito, a mantenere la precisione dopo un mese e a continuare anche dopo un anno. La differenza non la fa solo il tempo passato in allenamento, ma come ci si allena.
Se ti eserciti con movimenti sbagliati, imprimerai cattive abitudini. Se invece pratichi con cura posizioni e movimenti corretti, costruirai un programma motorio che, un giorno, potrà funzionare in automatico senza errori. Non ti sto dicendo di delegarlo al subconscio, ma di puntare a un livello in cui, anche senza pensarci, il tuo corpo saprà cosa fare. E questo è possibile solo con una pratica consapevole, diretta e precisa.